Mansourcing_le interviste

a cura di Demetrio Di Grado

In cosa il tuo linguaggio e la tua ricerca artistica sono radicati nell’isola e nella comunità che vivi?

Probabilmente nella splendida e sana influenza avuta dagli artisti che operano nell’ambiente che mi ha cresciuto. Dai miei insegnati e dagli amici, stimoli sinceri ed appassionati.

Come sta cambiando l’interazione tra la comunità e il tuo lavoro attraverso l’intermediazione degli smartphone e delle loro applicazioni?

Gli smartphone, i social network e le applicazioni ad essi associate pù che influeanzare direttamente il mio lavoro hanno probabilmente aiutato la promozione e la divulgazione dello stesso. Credo che siano diventati degli strumenti utilissimi, di grande impatto comunicativo ma troppo spesso ahimè essenziali.

Ci descrivi il tuo lavoro e la tua ricerca artistica? Quanto è locale e quanto è globale?

Non mi pongo mai il pensiero d’immaginare il mio lavoro come un prodotto locale ne tanto meno globale. Credo e mi rivolgo principalmente all’individuo, al puro e semplice legame che può nascere fra l’opera ed ogni singolo importantissimo fruitore. Il mio lavoro cerca d’indagare e concentrarsi proprio su questa sfera intima e preziosa. Questo dialogo è ulteriormente evidenziato dall’uso del dittico, dal legame e dal gioco di dualità tra ritratti sognanti ed eterei e paesaggi lunari, onirici, contenitori e punti di fuga verso cui virano le tensioni degli sguardi.

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